04/07/2005

E' diventato un business riciclare carta e cartone

Giorgio Lonardi
Milano. Il prodotto più venduto (non quello che genera il fatturato maggiore) del colosso svedese lkea sono gli scatoloni in cartone riciclato, ottimi per stipare abiti, libri o suppellettili. Una vera e propria icona della "casa leggera", gli scatoloni lkea, ma anche il segnale di un mutamento del gusto che porta molti consumatori a privilegiare sgabelli, scaffalature e armadi ecologici perché a basso prezzo e di peso molto contenuto.
La carta e il cartone riciclati, dunque, si stanno affermando come "materia prima seconda" (cioè derivata dalla trasformazione di una materia prima) sempre più importante per la nostra economia. Lo conferma il peso crescente del riciclato nel settore della carta grafica utilizzata per i quotidiani. E lo certifica l'aumento costante di questo prodotto nella carta usata per il comparto igienico sanitario. Un terzo elemento da non sottovalutare è il peso crescente del settore del recupero e del macero che l'anno scorso, come spiegano ad Unionmaceri, associazione imprenditoriale di settore, ha raggiunto i 387 milioni di curo.
A tirare la volata al business della carta riciclata è stata la legge Ronchi sulla raccolta differenziata che dunque non si è limitata ad avere un effetto positivo per l'ambiente. Ma ha dato una mano ai sistema Italia aumentandone l'efficienza e creando un nuovo settore economico. Vantaggi per le aziende del recupero e per le imprese che producono oggetti in carta o cartone riciclati, dunque. Ma non solo. A trarre profitto economicamente della legge è stato l'intero Sistema Italia. Vediamo in che modo.
L'analisi costi-benefici della raccolta differenziata di carta e cartone in Italia è stata effettuata in uno studio del professor Alessandro Marangoni di Agici per conto del Comieco, il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica. Lo stesso Comieco, costituito in seguito alla legge Ronchi (i soci sono produttori, importatori e trasformatori del settore) che ha come mission il riciclo e il recupero energetico degli imballaggi di origine cellulosica. Ebbene, nei sei anni da cui la legge è in vigore «il bilancio complessivo dei costi e dei benefici economicamente misurabili evidenzia un saldo positivo di 610 milioni di euro», recita la ricerca, «frutto della differenza fra costi complessivi per 436 milioni di euro e benefici complessivi per 1.050 milioni».
In effetti l'aspetto più interessante dello studio è costituito proprio dall'analisi delle voci sia dei costi, sia dei benefici di un segmento dell'economia italiana che in precedenza era virtualmente quasi inesistente. Ebbene, da 1999 al 2004 sono state raccolte quasi 9,5 milioni di tonnellate di carta e cartone: una progressione iniziata con poco più di un milione di tonnellate nel primo anno di applicazione della legge per assestarsi a 2,5 milioni nel 2004. Ovviamente tutta questa crescita ha avuto dei costi: personale, attrezzature, mezzi e automezzi, ammortamenti e manutenzione degli impianti, carburante, fino a raggiungere la cifra stimata di 372 milioni.
Eppure il costo della raccolta differenziata non esaurisce il fenomeno. Bisogna infatti calcolare anche i costi per la mancata produzione di energia. Il riciclaggio, dunque, ha progressivamente ridotto la quantità di rifiuti destinati al termovalorizzatore, diminuendo la quantità di energia elettrica e termica generata. Stima del professore Marangoni: 64,3 milioni di euro da sommare ai 372 milioni precedenti, raggiungendo così i 436 milioni di costi complessivi.
Spostandoci sul fronte dei ricavi c'imbattiamo intanto sul valore della carta riciclata, valutato in 208 milioni di euro. Ma non basta. Rileva lo studio: «A fine 2004 l'Italia, grazie alla raccolta differenziata, è diventata esportatrice netta di maceri, con evidenti effetti positivi per la disponibilità di materia prima per l'industria cartaria nazionale e la relativa indipendenza da fonti estere».
Tuttavia la voce più rilevante evidenziata dalla ricerca è il vantaggio accumulato dal Sistema Italia per il mancato smaltimento e trattamento della carta stessa. Insomma, per il fatto stesso di non portare carta e cartone in discarica si ottengono minori costi per 373 milioni di euro. Una bella cifra, dunque. Così come appaiono rilevanti (quasi 272 milioni di curo) i benefici economici dovuti alle emissioni evitate. Questa voce, apparentemente bizzarra, è legata alla ratifica del protocollo di Kyoto e all'avvio del mercato del CO2. Secondo la ricerca, dunque, risulta che «il beneficio effettivo per ciascuna tonnellata di carta prodotta da recovered paper anziché da cellulosa è pari 1.308 chili di CO2 evitata». Per monetizzare il CO2 sono stati valutati i certificati blu, al via in Europa per la compravendita di gas serra. Certo, visto che il mercato dei certificati blu è alle prime battute si tratta solo di una stima. Tuttavia l'ordine di grandezza rimane significativo.
Infine l'occupazione, valutata da Marangoni in quasi 194 milioni di euro. La realizzazione della raccolta differenziata ha infatti generato nuovi posti di lavoro. È stato calcolato ad esempio che fra il 1999 e il 2003 il numero dei dipendenti delle società del comparto ambientale è aumentato di quasi il 19%, in controtendenza con quanto avvenuto in altri settori dei servizi pubblici (-10%). «Incrociando» questo dato con altri parametri come il numero di addetti teoricamente necessario per realizzare la raccolta è stata raggiunta la stima finale. l salari lordi dei lavoratori del settore, quindi "pesano" sempre di più.
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