Più deleghe agli esperti ma anche più informazioni ai cittadini: questo è in estrema sintesi ciò che gli italiani pensano sia il percorso ideale per la risoluzione dei sempre più diffusi conflitti presenti nel nostro paese in materia ambientale.
E’ il più interessante risultato della prima indagine nazionale sul tema della partecipazione civica e del consenso, promossa da Comieco in collaborazione con il Dipartimento di Studi Sociali e Politici dell’Università di Scienze Politiche di Milano.
La ricerca effettuata da Ipsos, coinvolgendo un campione di 2000 individui rappresentativo degli adulti italiani, ha evidenziato come vi sia diffusa coscienza nel nostro paese della necessità che la decisione per risolvere i conflitti venga presa in ultima istanza dagli esperti dei rispettivi settori.
In particolare sono i sindaci a dover essere investiti secondo gli italiani dal potere decisionale:
• sull’inquinamento il 44% degli intervistati si affida a loro, il 24% al governo nazionale, il 16 a regione e provincia, il 18% agli stessi cittadini;
• sulla raccolta dei rifiuti le percentuali sono simili: 35% i sindaci, 26% governo nazionale, 20% regione e provincia; ben 17% i cittadini;
• sulla viabilità torna in auge il governo centrale (29%) a sostanziale pari merito con i sindaci (28%) e regione/provincia (26%). I cittadini seguono con il 18%.
“Coinvolgere i cittadini nelle decisioni politiche è la strada maestra e la raccolta differenziata rappresenta un caso di successo: si tratta di un’esperienza nella quale il coinvolgimento dei cittadini si integra con le competenze dei decisori locali in nome della trasparenza e della circolazione delle informazioni - ha dichiarato Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco.
Grazie a questa sinergia l’Italia ha raggiunto in anticipo gli obiettivi di avvio al riciclo (pari al 60% degli imballaggi immessi al consumo) stabiliti dall’Unione Europea.
Se i sindaci escono promossi con buoni voti da questo ulteriore esame, non così accade per quanto riguarda il mondo politico nazionale e quello-sindacale territoriale, giudicati lontani dalla cittadinanza e non in grado di rappresentare un solido punto di riferimento in grado di difendere, in caso di conflitto, gli interessi della popolazione. Meglio quindi in questi casi affidarsi alle associazioni ambientaliste o ai comitati di quartiere, gettonati nel complesso da oltre 3 intervistati su quattro.
Come afferma Paolo Natale, docente di Metodologia della ricerca all’Università di Milano (e che per Ipsos ha curato l’indagine), “gli intervistati mostrano a volte una lucidità che manca agli stessi politici, impegnati più in conflitti ideologici che alla risoluzione dei reali conflitti urbani negli ambiti maggiormente controversi.
Gli italiani ben comprendono come alcune competenze spettino di diritto agli esperti del settore, ma pretendono che - anche e soprattutto in queste materie controverse - chi decide fornisca una esauriente e corretta informazione ai
cittadini, tale da metterli in grado di venir informati sui fatti che li coinvolgono in prima persona”.
Utilizzando alcune delle domande poste nell’indagine è stato varato un “indice di partecipazione civica”, teso a verificare nel corso degli anni, dopo questa prima puntata dell’Osservatorio sulla partecipazione civica, quanto sia in aumento o in calo questo processo di delega delle decisioni in materia ambientale.
Attualmente, l’indice si posiziona a livello di 43 punti, su una scala che va da un minimo di 0 ad un massimo di 100.
A partire dalla stessa base, è stata infine creata una tipologia degli italiani in riferimento ai soggetti che debbono prendere le decisioni finali sui temi ambientali. Le figure emerse sono state così sintetizzate:
a) i “bonapartisti” (il 27% della popolazione), i quali vorrebbero che tutte le decisioni vengano prese da un ristretto gruppo di esperti;
b) i “razionalisti” (pari al 33%), che individuano caso per caso quali decisioni debbano venir prese “dall’alto” e quali invece “dal basso”;
c) i “populisti” (il restante 40%) i quali vorrebbero invece che fossero i cittadini a scegliere, in tutti o quasi gli ambiti di riferimento. Sono loro che utilizzano il web quale fonte di informazione ma anche strumento di democrazia realmente partecipata.