Proseguendo il lavoro di Paolo Giordano, che ha riscritto per Comieco l'incipit di Revolutionary Road, Raffaella Migliaccio ha vinto il concorso aggiudicandosi una fornitura di libri e un angolo lettura in cartone riciclato.
Buona lettura!
Revolutionary Road.
(Raffaella Migliaccio)
"Aspettiamo un giornalista. E alcuni dei nostri più cari amici" fece Sara. La voce le uscì più alta di quanto volesse. "Adesso è ancora presto".
Riccardo sorrise, e tirò giù un altro sorso di vermouth, con la mano che tremò leggermente.
Marta Viarisio arrossì, e Carlo disse subito: "Ovvio, è ancora presto. Noi siamo arrivati prima, troppa curiosità. E tu Sara? Come hai aiutato Riccardo?".
"Oh, davvero con poco. Mi sono occupata di comprare le cornici, e poi ho cercato la carta, e ho scritto a mano tutti i cartoncini. Sono felice di averlo aiutato, almeno un po'".
Cercò gli occhi di Riccardo, che le sfuggivano e si perdevano nella sala, era il suo modo di fare quando era imbarazzato, che al momento la infastidì.
I Viarisio non sapendo più che dire si limitarono ad annuire, Carlo versò del vino in quattro bicchieri di plastica e bevvero insieme, poi chiese dove avesse fatto una foto o l'altra. Dopo fece: "Allora noi guardiamo un po' di foto, che ne dici Marta?".
"Sì, sì" fece lei sorridendo più del dovuto.
Sara si guardò i piedi nelle graziose decoltè, che iniziavano a farle un male atroce.
Mentre i Viarisio osservavano le foto, l'uno accanto all'altro, commentando, quasi fosse una forma di cortesia, arrivarono alcuni degli altri invitati.
Arrivarono un paio di vecchie coppie, abituali frequentatori di ogni serata al tennis club, e qualche collega della Respighi con le mogli. Uno di loro aveva portato anche i figli, due "ragazzetti chiassosi e orribili" come li aveva già definiti Sara.
Dopo un'ora la sala si riempì di persone che chiacchieravano a gruppetti, mangiando e bevendo dal buffet.
Qualcuno osservò distrattamente le foto, e si congratulò con Riccardo. Lui assunse l'aria che si era prefigurato a inizio serata, ma faticò a sentirla propria. Si confuse parlando degli obiettivi della sua macchina, ma quelli che lo ascoltavano non se ne accorsero neppure. Si morse le labbra pentendosi di ogni parola.
L'impazienza che aveva covato tutta la sera (anche se i bicchieri che aveva bevuto l'avevano reso un po' più rilassato a un certo punto) lo colse quando certi colleghi presero a parlargli del lavoro. Riccardo ridacchiò nervoso e disse: "Non sapete fare altro che parlare di lavoro? Spero che a casa non siate così noiosi. O mi sbaglio, signore?". Le donne si guardarono sorridendo goffamente l'un l'altra.
Sara allora tentò di cambiare argomento: "Allora, che ne dite? Vi piace?". Riccardo schernì la moglie: "Sara gliel'hai già chiesto dieci minuti fa". E lasciarono che la conversazione scivolasse inevitabilmente verso quell'unico argomento.
La sala era calda e piccola, e Sara aveva le guance in fiamme e i piedi doloranti. Le venne solo da ridacchiare come una stupida, era stanca e voleva solo sedersi.
I bambini tirarono la madre per la manica, "Andiamo, andiamo". "È ancora presto, andate a giocare". Quelli correvano e si spintonavano, un po' urlavano, mentre i genitori chiacchieravano di sciocchezze con gli altri. Poi fecero rovesciare un bicchiere sul pavimento e su quella parte le scarpe si appiccicavano, producendo un buffo rumore.
Il giornalista locale si complimentò con il fotografo e gli fece qualche domanda per l'articolo. La vocetta stridula e i suoi vestiti da grande magazzino incupirono Riccardo, che si sentì triste per l'uomo, per sé, per quella gente, per i bicchieri e i piatti di plastica.
Alcuni degli invitati più anziani chiesero delle sedie a Sara, che fu costretta a chiamare la signora Verri, nonostante la faccia contrariata di Riccardo, e che entrò vittoriosa nella sala portando le sedie seguita dalla sua incredibile ragazza. Così alcuni presero a sedersi, altri rimasero attorno al buffet a mangiare.
Quando i primi invitati iniziarono ad andar via, Sara si accorse della vescica che le pulsava sotto il tallone, e pregò solo che andassero tutti via il prima possibile. Avrebbe chiesto alla Verri di tornare il giorno dopo per togliere via le foto e il resto, voleva solo tornare a casa e levarsi quelle odiose scarpe.
Riccardo pure non aspettava altro che tutta quella gente si levasse finalmente dai piedi.
I Viarisio furono gli ultimi ad andare via, si offrirono di dare una mano, ma Sara disse che non c'era alcun bisogno, e poi che li aspettava presto a casa, magari per una cena.
La signora Verri fece storie e Sara cercò di sbrigarsi a togliere tutte le cornici, portar via gli ultimi vassoi e caricare tutto in macchina, mentre Riccardo se ne stava con la faccia imbronciata a mordersi il labbro.
"Potresti anche darmi una mano, ho i piedi che mi fanno un male cane" fece Sara trascinando una busta piena di bottiglie vuote.
Lui annuì, ma non fece altro che accatastare le sedie e uscire a fumare un'altra sigaretta.
"Potresti almeno aprire la macchina" fece Sara passandogli davanti mentre fumava appoggiato a una fioriera. Buttò sul sedile il suo cappotto, poi chiuse con un calcio la portiera, e mise alla rinfusa le cornici nel cofano.
"Perché le butti così?"
"Oh, aggiustale tu, sono le tue. Ho fatto tutto io stasera".
Lui in macchina stava in silenzio, guidando con fare rabbioso, lei allora gli fece: "Scusami è che mi facevano male le scarpe, e alcuni di loro erano così irritanti".
Si tolse le scarpe e si sentì subito più calma, più tenera e accondiscendente verso suo marito.
"Non è andata male. Non è stata una brutta serata. In fondo".
Lui si mordeva il labbro.
"Dio, potresti dire almeno qualcosa".
"Sono stanco. Che vuoi che dica?".
"Non lo so Riccardo, non lo so. Potresti ringraziarmi di averti aiutato a organizzare questa serata. Ma sarò gentile, perché capisco che non tutto è andato come desideravi, e domani mattina leggerai l'articolo di quel giornalista e sarai più calmo anche tu".
Lui si girò e la guardò come si guardano certi piccoli animali feriti.
"Riccardo, che hai sulle labbra? Sanguini".